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Il giallo del blu scomparso
Pulpa Festival Vol.1_2021
Quest’opera intende celebrare lo spettacolo della natura, che ciclicamente nasce, si sviluppa e muore. Per tornare poi ad assorgere a nuova vita.
Il murale si contraddistingue per lo spiccato cromatismo, con tonalità fredde e calde che contrastano tra loro, identificando chiaramente ciò che è stato e quel che sarà.
Perché dove ora sorge la strada che costeggia i murales, un tempo erano presenti alcuni alberi, simboleggiati dalle foglie dipinte di blu. I girasoli che si levano maestosi innanzi ai nostri occhi, invece, rappresentano la vita.
I fiori spuntano idealmente fuori dalla lingua di asfalto per riappropriarsi del loro spazio, affermando il giallo in luogo del blu scomparso. E li vediamo inseguire l’apparente moto del sole, alla costante ricerca della luce che consentirà loro di svilupparsi.
Essendo stati metaforicamente forgiati da un’entità divina, i girasoli rappresentano anche il ritorno alla purezza primigenia insita nella natura, scevra dal controllo dell’uomo.
Nec Spe Nec Metu
Pulpa Festival Vol.2_2022
Una serie di elementi simbolici compongono una scena sospesa in uno spazio eterno, che porta l’osservatore a riflettere sui temi affrontati dall’artista: un corpo umanoide, la cui testa viene sostituita da un terzo braccio, sorregge una maschera dal mento, nel gesto scettico di una ricerca all’identità ormai perduta. Una lampadina rotta sulla sua fronte rafforza il concetto, alludendo all’impoverimento del pensiero umano che focalizza la propria attenzione sulle apparenze, non vedendo più cosa realmente succede davanti a sé. Con le altre due mani, il personaggio senza testa regge una clessidra, inequivocabile simbolo del tempo che scorre e che volgerà presto a un termine, se non utilizzato con coscienza.
I calzini e le scarpe rotte dell’umanoide calcano la mano sulla povertà, questa volta non intellettuale, ricordandoci delle crisi che l’uomo sta affrontando e a cui deve far fronte, prima tra tutte quella energetica, cui bisogna porre rimedio a costo di sacrificare l’economia.
A prendersi il resto della scena due mani, provenienti da uno spazio-tempo differente da quello in cui è immerso lo spettatore. Entrambe impugnano dei compassi, simbolo dell’eterno ritorno e del libero pensiero, da cui scaturiscono elementi fondanti della storia della scienza (la piramide) e della spiritualità umana (i cerchi nel grano), che si incontrano per un ultimo, decisivo confronto.
Il racconto si staglia su uno sfondo a pois di diverse dimensioni e colori, segno distintivo dell’artista, che contribuisce a dare tridimensionalità e infinità all’episodio, mentre le parole che le danno il titolo si confondono con gli oggetti di scena, dando un messaggio decisivo e spietato: “senza speranza, senza paura”.